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«L'Atene d'Italia» Jean-Philippe Rameau (1683 - 1764) Carlo Ferrari (1714 - 1790) Angelo Morigi (1725 - 1801) Gian Francesco Fortunati (1746 - 1821) Carlo Ferrari
Parma nella seconda metà del Settecento visse uno dei periodi più prestigiosi della sua storia, tanto da essere definita «l’Atene d’Italia». L’insediamento di una nuova dinastia ducale, i Borbone, strettamente imparentata con i re di Spagna, Francia, Napoli, e in seguito con gli imperatori d’Austria, ridiede slancio a quello che era il più piccolo degli stati italiani. Il riformismo illuminato del ministro Du Tillot, la presenza a corte del filosofo Condillac, l’attività del pittore Baldrighi, dell’architetto Petitot, del tipografo Bodoni, dello storico Affò - per non citare che alcuni dei protagonisti di quegli anni -, diedero alla vita culturale parmigiana un respiro europeo. I due duchi, Filippo e suo figlio Ferdinando, erano musicisti oltre che musicofili, e furono attratti dal melodramma a tal punto da esibirsi essi stessi nelle opere date al teatro di corte a Colorno. Per la musica, quindi, non vennero lesinate spese a Parma; da principio furono chiamati musicisti forestieri, tra i quali Traetta e Duni in qualità di Maestri di Cappella, Morigi come primo violino, mentre il francese Mangot, cognato del grande Rameau, divenne l’alfiere del gusto musicale d’oltralpe nel ducato; in seguito si pensò a formare una generazione di artisti locali, come Ferrari e Fortunati, mandandoli a studiare in prestigiose sedi come Parigi, o la Bologna di padre Martini. La Musica di Camera e il Reale Concerto dei duchi divennero formazioni orchestrali di prim’ordine, farne parte era molto ambito, e l’ingresso dei nuovi musicisti era regolamentato da un apposito Decreto Sovrano emanato da Ferdinando nel 1778, che prevedeva una severa selezione per mezzo di esami alla presenza degli orchestrali già in ruolo. Il duca Ferdinando univa alla passione per la musica un’ardente e autentica fede cristiana; egli dotò i suoi luoghi di culto a Colorno di splendidi organi del ferrarese Cavalletti e dei bergamaschi Serassi. Fin da giovane Ferdinando amava passeggiare nelle vicinanze di Colorno per visitare chiese e compiere atti di devozione, durante queste visite cantava, suonava le campane e l’organo. Il sovrano stesso compilava e dava alle stampe annualmente un «Diario di Colorno», che conteneva istruzioni dettagliate sui i riti che si svolgevano lungo tutto il calendario liturgico nella Reale Chiesa di San Liborio; le pubblicazioni durarono oltre trent’anni e terminarono solamente dopo la morte di Ferdinando, che chiuse un’irripetibile epoca di pace e splendore per il ducato.
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